Antifragilità: una risposta di una lettrice

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Crescita personale

Antifragilità. Dopo l’ultimo articolo sulla antifragilità mi sono arrivate molte email. Ne ho scelta una perché la persona ha proprio colpito nel segno. La lettrice parla di antifragilità e di una tecnica giapponese: il kintsugi. Questa tecnica venuta alla ribalta dopo un articolo apparso nei social, e diventato virale, ci insegna l’importanza dell’andare oltre all’imperfezione e soprattutto che da un errore si può trarre il miglio.

Buona lettura

Buonasera Dottor Ceschi,

Anti, dal greco “contro”, prefisso che davanti ad un sostantivo, un aggettivo o un participio presente, fa davvero la differenza.
Il significato è inteso come opporre, combattere, prevenire, evitare, impedire, ecc.

Fragilità, facilità di rompersi al minimo urto, di cedere alla minima occasione; la medicina poi ne fa un uso sinistro (fragilità ossea, fragilità capillare, ecc.)

Taleb, che grazie al Suo interessante articolo ho avuto modo di conoscere, ha messo davanti “anti” alla parola “fragilità” e ci ha fatto capire che quest’ultima è una cosa negativa, da combattere, per far sì che si ottengano dei benefici dalle difficoltà affrontate, le quali ti porteranno a migliorare, crescere e maturare.

Sempre secondo Taleb, una buona quantità di caos e disordine sono essenziali per migliorare e crescere, farebbero da generatori, alimentatori per farci diventare nuove persone, sicure di noi stesse.
Al contrario, se si resta chiusi nella nostra zona di confort e controllo, ci si adagia, non si cresce, l’unica cosa che cresce è la nostra insicurezza.

Sono un pó spiazzata. In un periodo della mia vita ho avuto modo di “toccare con mano” la disperazione, il disorientamento e chi più ne ha più ne metta.

Ho dovuto rimboccarmi le maniche, più nolente che volente e, malgrado la mia fragilità, ho fatto fronte alle molteplici brutte vicissitudini che mi si erano parate davanti e tutte assieme.

Se ci penso, sento ancora quella sensazione di profondo smarrimento, di desolazione, di solitudine, che costantemente mi opprimevano.

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Quello che più mi terrorizzava era la mia fragilità, lo sapevo benissimo di avere dei limiti, forse quei limiti che avevo creato io stessa, ma posso dire con certezza che devo ringraziare la mia fragilità se ce l’ho fatta, è grazie alla forza che lei mi ha dato se mi sono rialzata.

La mia forse sarà stata una normale resilienza, ma a me sta bene così, non voglio anteporre quel prefisso “anti” alla mia fragilità, perché è quella che mi ha aiutata, mi è stata vicina, non mi ha mai abbandonata, ma ha combattuto a fianco a me e abbiamo vinto.

Ci teniamo costantemente per mano e ci fidiamo l’una dell’altra, sempre pronte a sostenerci a vicenda. Senza cambiare la mia identità.

Il kintsugi è una tecnica di restauro giapponese della ceramica e significa “riparare con l’oro”.
Se una ciotola o un vaso di ceramica si rompono, le linee di rottura vengono unite con della polvere d’oro e ben evidenziate.
Questi oggetti diventano delle vere e proprie opere d’arte, rendendo la loro fragilità un punto di forza, di perfezione, originalità, data dagli intrecci delle linee dorate, nei punti in cui la ceramica si era frantumata e successivamente riparata con l’oro.

Ecco, io mi figuro come un vaso di ceramica caduto a terra, disintegrato, raccolto, rimesso assieme e quelle crepe sono state riparate con polvere d’oro e lo hanno reso più prezioso e quella fragilità gli ha dato ancora più valore.

Cordiali saluti.

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Complimenti alla lettrice per il percorso che sta facendo. L’esempio della tecnica Kintsugi di restauro giapponese con la foglia d’oro è proprio calzante. Riuscire ad impreziosire le crepe, facendo illuminare i dolori quasi a destare stupore….questa il risultato di antifragilità. Le nostre fragilità sono le crepe che ci caratterizzano ma se riusciamo ad armonizzare dentro di noi  i conflitti, ad unire le distanze attraverso percorsi di crescita inevitabilmente dolorosi e faticosi riusciamo così a mettere una foglie d’oro sulla nostra anime e la brillantezza che nasconde le crepe la sentiamo e ce la viviamo Noi.

Un Grazie speciale

Un grazie davvero