Introduzione Lo psicologo è nudo

Lo psicologo è nudo
Lo psicologo è nudo

Come molti dei lettori già sapranno, in questo periodo, ho scritto il mio primo libro, Lo psicologo è nudo. Non sono stato così presente negli ultimi mesi, perché sono stato impegnato a portare a termine questo avvincente progetto.  I tempi si sono allungati oltre misura, soprattutto nella fase finale di revisione. Ora il libro è stato consegnato alla casa editrice e se tutto va bene, nell’arco di qualche settimane, vedrà la luce.  Spero d’aver fatto un bel lavoro, chi l’ha letto e colgo l’occasione di ringraziare tutte le persone che mi hanno aiutato, mi ha incoraggiato a continuare e l’hanno letto con interesse e passione. In questo articolo riporto parti dell’introduzione dove spiego le motivazioni che mi hanno portato a scriverlo. Nell’attesa dell’uscita buona lettura.

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Introduzione

Perché scrivere un libro? Le ragioni potrebbero essere infinite, ma in questo caso il motivo principale è la voglia di condividere con il lettore dei percorsi di psicoterapia. Inoltre c’è la voglia di mettersi a nudo, dapprima come persona, poi come professionista. Il titolo del libro, Lo psicologo è nudo, prende come riferimento la fiaba danese scritta da Hans Christian Andersen nel 1837.[] Quante volte ci diciamo e ci convinciamo di essere qualcosa che non siamo e cerchiamo le conferme fuori da noi. Lo psicologo è nudo è il tentativo di mostrare realmente chi siamo: il primo a farlo dovrebbe essere proprio chi dice agli altri di farlo. Mettersi a nudo non è facile, perché bisogna essere disposti a mostrare anche le proprie debolezze, il proprio dolore, ammettere le proprie sconfitte. Partire dalle proprie parti deboli per ritrovare i punti di forza è un buon inizio per riacquistare un equilibrio che era venuto a mancare. In questo libro sono contenute delle riflessioni su alcuni temi come l’ansia di separazione, l’ipnosi, l’essere genitore e la morte. I casi clinici riportati sono stati scelti in base a un vissuto personale particolare. Posso affermare che questi casi, selezionati fra i molti da me trattati, sono per me paradigmatici, in più li ricordo con particolare affetto. Vi sono casi che ho seguito molti anni fa e pazienti che ho seguito recentemente. Quando ero ancora un “giovane” psicoterapeuta non sapevo se avrei potuto davvero essere utile alle persone che si rivolgevano a me. Con il tempo e l’esperienza ho iniziato a comprendere cosa vuol dire essere d’aiuto e quale può essere una relazione d’aiuto.[] L’alchimia che si crea in un percorso terapeutico, efficace o meno, è unica. Ho voluto anche inserire una serie di lettere che alcuni pazienti mi hanno spedito sia durante sia al termine della terapia. Ho dedicato un intero capitolo a queste testimonianze perché sono esperienze vere. Da queste lettere si può capire il cambiamento psicologico ed emotivo che una persona può apportare alla propria vita. I nomi delle persone citate sono di fantasia ma tutto quello che ho riportato è assolutamente vero.[] Nell’appendice A ho inserito alcuni esercizi semplici e veloci che potranno essere svolti in pochi minuti durante la giornata. Sono esercizi che rientrano nella pratica mindfulness. Se fatti con costanza e perseveranza possono portare a grandi cambiamenti. Non hanno bisogno di spazi specifici e non richiedono molto tempo, al massimo una decina di minuti al giorno.

Alla fine di questo lavoro racconterò cosa mi ha spinto a scegliere questa professione, il percorso di avvicinamento alla psicologia e successivamente alla psicoterapia tramite l’utilizzo dell’ipnosi. Qualcuno potrebbe pensare non sia professionale mostrarsi, ma non mi troverebbe d’accordo.

Leggendo le biografie dei più famosi psichiatri e psicoterapeuti ho capito che per la gran parte erano persone genuine e non costruite dietro un mito. Questi grandi scienziati della mente non si sono mai nascosti dietro un’aura di mistero. L’idea che lo psicoanalista non parli e non si relazioni mai al proprio paziente non è del tutto corretta. Lo stesso Freud aveva un rapporto molto intimo con i propri pazienti. In alcuni casi li incontrava in situazioni sociali. Freud sapeva che il setting psicoanalitico non sempre era sufficiente per comprendere appieno una persona. [] Il libro serve anche a questo, a portare fuori quello che altrimenti rimarrebbe nascosto per sempre. Le riflessioni sull’Io arcaico, sull’angoscia di separazione, la morte e l’essere genitore sono frutto sia dei colloqui intercorsi sia di una costante formazione e curiosità personale che mi portano a leggere e a seguire costantemente dei corsi di perfezionamento. Il percorso che mi ha portato a scriverlo non è stato né semplice né breve, ma solo le esperienze che richiedono impegno e tempo ritengo valgano la pena d’essere raccontate.

 

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