Sofferenza psicologica. Perché soffro?

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PERCHE’ SOFFRO….

Molte volte e per lunghi periodi alcune persone si fanno questa domanda: perché soffro?

Alcune tra queste persone affrontano e cercano la risposta da soli, altri si fanno aiutare da una figura professionale quale lo psicologo o lo psicoterapeuta, altri frequentano corsi di formazione o seguono tecniche di rilassamento.

Andiamo a vedere qual è la radice del proprio Mal-Essere.

La radice della sofferenza è la ferite d’Amore che ognuno si porta dentro di sé e di cui non si è consapevoli. Questo stato comporta la formazione di un bisogno più o meno pressante, a seconda della profondità della ferita d’amore che ha disegnato la nostra anima.

Quali sono le ferite d’amore:

  • L’Abbandono,

  • Il Rifiuto,

  • il Non riconoscimento,

  • il Maltrattamento,

  • l’Umiliazione,

  • il Tradimento,

  • l’Ingiustizia.

Il bisogno che si attiva da queste ferite sono:

  • Sicurezza,

  • Accoglienza,

  • Riconoscimento,

  • Benevolenza,

  • Rispetto,

  • Fiducia,

  • Equità.

Riconosci un tuo Bisogno?

Che cosa è il Bisogno?

E’ la mancanza totale o parziale di qualcosa che è fondamentale per la persona e per il suo Ben Essere.

Comprendere quindi quali sono i propri bisogni è molto importante perché quando le persone arrivano a comunicare in maniera efficace con se stesse e con gli altri, le loro vite e le loro relazioni interpersonali possono venirne profondamente trasformate.

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Comunicare in maniera efficace significa comunicare ed esprimere con coerenza e senza sensi di colpa a se stessi e con gli altri i propri bisogni e conoscere profondamente le proprie sofferenze d’amore

Cosa Fare?

Rendersi conto che si sta soffrendo è una cosa molto importante. A volte si può avere bisogno di essere aiutati e quindi è importante rivolgersi a un professionista che può favorire un percorso di consapevolezza evolutiva.

Prendere consapevolezza della propria Ferita d’Amore.

Riconoscere i propri bisogni e portarli alla coscienza di sé.

Accettare le proprie sofferenze d’Amore

Comunicare con i propri bisogni senza vivere sensi di colpa e senza esprimere critiche su di sé.

Prendersi cura di sé. Non rifiutare i tuoi vissuti ma accoglili. Perché la vita ti sta dicendo che è arrivato il momento per fare quel salto in più, quel cambiamento, quel passo ulteriore che ti renderà più ricco, più consapevole, più sereno. Ci vuole coraggio e compassione di guardarsi dentro.

UNA RISPOSTA DI UNA LETTRICE

Buonasera Dr. Ceschi,

la vita è anche sofferenza, è insito da quando esiste il mondo, è connaturato.

Sin da prima di emettere il primo vagito l’essere umano, al momento della sua nascita, è sottoposto ad un notevole stress psicofisico.

Dopo mesi e mesi, cullato e protetto nel suo piccolo universo, al buio e rassicurato da rumori piacevoli e conosciuti, si ritrova tutto ad un tratto a dover lottare contro uno tsunami che lo catapulta fuori dal suo mondo confortevole. Una volta poi, fuori da lì, aggredito da rumori sconosciuti di ogni sorta e luci puntate addosso.
Anche le nascite più naturali e meno traumatiche avranno pur sempre sul neonato un impatto “invasivo”.

Se il venire al mondo si presenta così c’è ben poco da stare allegri per il futuro!
Ironia a parte, questo è l’inizio della grande avventura e a quell’essere che viene alla luce non resta altro che augurarsi un buon esordio, una buona vita!

La vita è un insieme di molti fattori, anche il fattore sofferenza, ma il problema sussiste quando non c’è la congiunzione “anche” o viene sostituita dall’ avverbio “solo”, allora non rientra più nella normalità.

Dall’articolo scritto dal Dr. Ceschi si evince che il MalEssere che porta alla sofferenza è causato dalle ferite d’amore che, bene o male, tutti, chi più chi meno, ci portiamo dietro.
Ferite d’amore che ci sono state inflitte da chi ci doveva accudire? Chi si doveva prendere cura di noi? E dopo esserci sentiti abbandonati, rifiutati, non riconosciuti, maltrattati, umiliati, traditi e aver subito ogni sorta di ingiustizia, si attiva un bisogno di sicurezza, di essere ben accolti, riconosciuti nel nostro essere, benvoluti, rispettati nella nostra persona, il poter fidarsi di chi si ha di fronte e godere di ogni equità, vale a dire protetti.

Dunque, azzardo, per ovviare a tutte le mancanze alle quali abbiamo dovuto far fronte e che ci hanno segnato, dovremo cercare chi o quello che porrà rimedio alle nostre lacune, colmando i nostri bisogni?

È chiaro che se tali ferite non riusciamo a riconoscerle da soli, cosa che frequentemente succede, dobbiamo affidarci ad un esperto, qualcuno che ci possa indicare il percorso da intraprendere per uscire da questo MalEssere.

Con il fai da te si rischia di entrare nella confusione più profonda e non uscirne più, perseverando nelle scelte sbagliate.

Ovvero, se non riusciamo a riconoscere le nostre ferite, quelle inferte da coloro dei quali ci fidavamo e continuiamo a fidarci non cambieremo mai la tipologia di persone che ci nuoce e i nostri bisogni non saranno mai soddisfatti.

A volte però ci chiudiamo in noi stessi, quasi ci crogioliamo nella nostra sofferenza, ci manca quel qualcosa, ma non riusciamo ad esprimere ciò che ci manca e ciò di cui abbiamo bisogno, oppure non vogliamo?
Non riusciamo per pudore o non vogliamo per orgoglio?

Forse un po’ tutte e due le cose e soprattutto anche perché non è facile capirsi, un aiuto a volte è quello che ci vuole per farci aprire gli occhi, il cuore e connetterci con il nostro IO che sta lì a parlarci, ma rimane inascoltato.