Violenza di genere. Problema complesso che va affrontato in modo multidisciplinare

Violenza di genereLa violenza di genere è un problema sociale che riguarda la violazione dei diritti umani e la discriminazione basata sulle differenze di potere e di ruolo tra uomini e donne. La violenza di genere può avere effetti negativi sulla salute fisica, mentale, emotiva e sociale delle vittime, nonché sullo sviluppo economico e sociale delle comunità e delle nazioni.

Per affrontare e prevenire la violenza di genere, è necessario promuovere una cultura del rispetto, della parità e della diversità, che coinvolga tutti i livelli della società, dalla famiglia alla scuola, dal lavoro alle istituzioni. In particolare, è importante:

  • Sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sul fenomeno della violenza di genere, sui suoi fattori di rischio e di protezione, sui suoi impatti e sulle sue conseguenze, nonché sui servizi e sulle risorse disponibili per le vittime e per gli aggressori.

  • Educare e formare le nuove generazioni a una visione critica e consapevole dei ruoli e degli stereotipi di genere, a una relazione paritaria e non violenta tra i sessi, a una valorizzazione delle differenze come opportunità e non come ostacoli.

  • Sostenere e rafforzare le donne vittime di violenza, offrendo loro ascolto, accoglienza, assistenza, protezione, accompagnamento e sostegno psicologico, legale, sanitario, sociale e lavorativo, nonché promuovendo la loro autonomia, la loro crescita personale e la loro partecipazione attiva alla vita sociale.

  • Coinvolgere e responsabilizzare gli uomini maltrattanti, favorendo la loro presa di coscienza del problema, la loro adesione a percorsi di trattamento e di recupero, la loro collaborazione con le istituzioni e le associazioni, la loro assunzione di responsabilità verso le vittime e verso la società.

  • Implementare e monitorare politiche pubbliche efficaci e integrate per la parità di genere, che prevedano la prevenzione, il contrasto e l’eliminazione della violenza di genere, in linea con gli obiettivi e gli standard internazionali e nazionali, e che coinvolgano tutti gli attori sociali, istituzionali e territoriali.

Di seguito potrai approfondire il tema della violenza di genere, ti suggerisco di consultare alcuni dei seguenti articoli, che ho trovato nel web:

Le risposte dei lettori

Buongiorno Dottor Ceschi,

dopo una pausa che aveva lasciato un vuoto sia amicale che intellettuale, finalmente un nuovo articolo!
Ero a conoscenza del motivo molto bello e impegnativo per il quale Lei aveva stoppato i Suoi graditi appuntamenti: stava scrivendo il Suo primo libro la cui  uscita attendo con trepidazione.
Per quanto riguarda il tema che Lei affronta nel suddetto articolo, mi trova perfettamente d’accordo,  la violenza di genere  non è solo un problema di educazione e va affrontato su vari ambiti, studi e discipline poiché molto complesso, difficile da gestire e ormai fuori controllo.
Mi viene comunque da pensare che si possa iniziare ad agire in primis nell’ambito familiare, con una adeguata educazione, con l’esempio, il buonsenso e l’altruismo, quest’ultimo molto importante per insegnare la giusta empatia.
Credo inoltre che si dovrebbe crescere un figlio facendolo sentire sostenuto e rassicurato, in modo che piano piano si sviluppi, si maturi, si rafforzi, si fortifichi, si migliori, si difenda. 
Ho seguito, come in molti immagino, il caso della povera Giulia, uccisa da chi professava di amarla e di non poter vivere senza di lei e tra le varie trasmissioni che discutevano il fatto mi é capitato di ascoltare l’intervento di uno studioso.
Egli asseriva che la parola “psicopatia”, tanto in voga nell’ottocento, é stata eliminata dal nostro vocabolario e si é arrivati all’”apatia psichica”, la psiche non registra più gli effetti, il senso e la sensibilità dei nostri comportamenti.
Proseguiva poi dicendo che noi nasciamo con la risonanza emotiva ma che molto spesso questa si perde per vari motivi, poiché le varianti  nella crescita emotiva e sentimentale sono molteplici, non ultima la troppa “protezione” delle madri che spesso usano ai figli, ma che comunque non per tutti gli individui valgono le stesse regole.
Un’altra specialista del settore sosteneva che non si tratta solo di cultura patriarcale, che ha concesso a  certi uomini di godere di determinati privilegi e di vedere le donne come “utili” o solo “desiderabili” e a volte questa ingerenza tollerata dalle donne stesse, ma il vero problema è il disagio psicologico di questi ragazzi.
Alla base di tutto c’è il fatto che abbiamo cresciuto una generazione di ragazzi narcisisti onnipotenti – normali all’apparenza sul piano sociale –
ma che di fronte ad un “NO”, un limite, una frustrazione, esplodono con certe modalità e noi adulti non ci siamo accorti di cosa stavamo crescendo.
Tutto molto triste e terribile che lascia senza parole, ma bisogna agire e al più presto. I cambiamenti devono essere fatti in tanti ambiti, personali e sociali perché la vita di tutti è sacra e va tutelata.
Grazie Dottore e buon proseguimento.
 
Secondo commento all’articolo

Alla vigilia dell’8 marzo, data che ricorda la condizione in cui versavano le donne agli inizi del ‘900, sento il bisogno di commentare l’articolo “Violenza di genere” in cui il Dr. Ceschi ci propone diversi spunti di riflessione. Recentemente, durante la camminata sull’argine con una amica e collega, ci è capitato di confrontarci sugli atteggiamenti femmine e maschi nella scuola primaria. Entrambe abbiamo assistito ad episodi in cui le bimbe, durante le ricreazioni, in un caso venivano per gioco ammanettate  e messe al muro,  nell’altro bloccate ai polsi con elastici per i capelli scopo fare loro il solletico anche se non volevano…  Stiamo parlando di classi seconde scuola primaria. Ci siamo interrogate su quale sia il meccanismo che fa scattare questi comportamenti, se dipenda da  cosa guardano nei video i bambini di questa età o su cosa sentano dire.. Personalmente, a questo punto, mi sono chiesta se dipenda dalla biologia/fisiologia diverse tra femmine e maschi che, come sappiamo, hanno caratteristiche diverse non solo a livello fisico ma anche cerebrale. E sulla questione mi piacerebbe avere un confronto di opinioni. Mi sarebbe davvero utile capire queste dinamiche perchè, come insegnante sento la grande responsabilità di educare alla parità di diritti e doveri a chi si affaccia con passi a volte titubanti, alla società e alle regole della convivenza civile che a scuola, in primis, si deve trasmettere prima di qualsiasi altro tipo di esperienza di apprendimento. Negli ultimi tempi non si smette di ascoltare notizie di efferati femminicidi, ultimo accaduto qualche giorno fa, in un zona di periferia, non lontana da quella in cui vivo. L’episodio che ha sortito molto clamore nella mia città e anche a livello  mediatico nazionale qualche mese fa, sembrava voler insegnare qualcosa ma era solo un’illusione. Personalmente penso che in alcuni casi tutti i dettagli con cui vengono descritti questi crimini sortiscano l’effetto contrario e stimolino episodi di emulazione.  

Per noi donne, gli abusi, anche quelli più silenti, sono purtroppo all’ordine del giorno, in campo lavorativo, sportivo, nei mezzi pubblici e purtroppo, anche negli ospedali. E quando si provano personalmente, anche se sono di quelli più silenti, mascherati da un ruolo professionale e subiti, per forza di cose, passivamente, ci si sente inermi e disgustate.
 

Secondo commento all’articolo

Alla vigilia dell’8 marzo, data che ricorda la condizione in cui versavano le donne agli inizi del ‘900, sento il bisogno di commentare l’articolo “Violenza di genere” in cui il Dr. Ceschi ci propone diversi spunti di riflessione. Recentemente, durante la camminata sull’argine con una amica e collega, ci è capitato di confrontarci sugli atteggiamenti femmine e maschi nella scuola primaria. Entrambe abbiamo assistito ad episodi in cui le bimbe, durante le ricreazioni, in un caso venivano per gioco amanettate  e messe al muro,  nell’altro bloccate ai polsi con elastici per i capelli scopo fare loro il solletico anche se non volevano…  Stiamo parlando di classi seconde scuola primaria. Ci siamo interrogate su quale sia il meccanismo che fa scattare questi comportamenti, se dipenda da  cosa guardano nei video i bambini di questa età o su cosa sentano dire.. Personalmente, a questo punto, mi sono chiesta se dipenda dalla biologia/fisiologia diverse tra femmine e maschi che, come sappiamo, hanno caratteristiche diverse non solo a livello fisico ma anche cerebrale. E sulla questione mi piacerebbe avere un confronto di opinioni. Mi sarebbe davvero utile capire queste dinamiche perchè, come insegnante sento la grande responsabilità di educare alla parità di diritti e doveri a chi si affaccia con passi a volte titubanti, alla società e alle regole della convivenza civile che a scuola, in primis, si deve trasmettere prima di qualsiasi altro tipo di esperienza di apprendimento. Negli ultimi tempi non si smette di ascoltare notizie di efferati femminicidi, ultimo accaduto qualche giorno fa, in un zona di periferia, non lontana da quella in cui vivo. L’episodio che ha sortito molto clamore nella mia città e anche a livello  mediatico nazionale qualche mese fa, sembrava voler insegnare qualcosa ma era solo un’illusione. Personalmente penso che in alcuni casi tutti i dettagli con cui vengono descritti questi crimini sortiscano l’effetto contrario e stimolino episodi di emulazione.  

Per noi donne, gli abusi, anche quelli più silenti, sono purtroppo all’ordine del giorno, in campo lavorativo, sportivo, nei mezzi pubblici e purtroppo, anche negli ospedali. E quando si provano personalmente, anche se sono di quelli più silenti, mascherati da un ruolo professionale e subiti, per forza di cose, passivamente, ci si sente inermi e disgustate.

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