Quando l’aiuto è penalizzante

Cosa vuol dire portare aiuto

“Devi essere disposto ad accettare dei fallimenti.  Ho imparato molto di più dai miei fallimenti che non dai miei successi. 

E’ questo che ci avvicina ai nostri sogni.”

Laird Hamilton

Nella mia professione di psicoterapeuta le richieste sono sempre richieste d’aiuto. La prima domanda che pongo alle persone che si rivolgono a me è: come la posso aiutare?

Aiutare una persona è di sicuro un nobile gesto.

Quando l’aiuto può bloccare e danneggiare una persona?

In alcuni casi l’aiuto può rivelarsi controproducente, perché la persona che porta l’aiuto si sostituisce alla persona che lo richiede, bloccando in questo modo lo sviluppo psicologico e individuale dell’altro.

Prodigarsi per allontanare gli ostacoli o per risolvere i problemi che una persona incontra nella vita, non vuol dire aiutare, ma impedire alla persona una sana crescita personale.

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Gli esempi di aiuto che si trasformano in danneggiamenti sono moltissimi, e si possono trovare in qualsiasi forma di relazione: nel rapporto iperprotettivo genitore/figlio, all’eccessivo assistenzialismo sociale e nei rapporti di coppia, in cui una delle parti, delega all’altro ciò che teme d’affrontare.

Questa dinamica è subdola e morbosa, perché instaura dei ruoli ben precisi e auto referenziali. Il protettore si sente utile e confermato agli occhi del protetto,  il protetto si sente deresponsabilizzato perché amato e salvato.

Questo gioco delle parti, in molte forme di psicopatologia è così radicato e strutturato da diventare l’unica strada percorribile per entrambi gli attori in gioco. In molti casi le persone coinvolte, sono così prese dai propri ruoli, da non accorgersi nemmeno quello che stanno vivendo. Il detto: i peggiori disastri sono stati compiuti con le migliori intenzioni, calza a pennello.

Portare aiuto a una persona come ho già detto è un nobile gesto, a sua volta, chiederlo quando ci sentiamo in difficoltà è un atto di umiltà e di grande intelligenza. Chiedere aiuto vuol dire riconoscere i propri limiti e se l’aiuto viene dato nel modo corretto, ci permette di superare i nostri limiti, aiutandoci a sviluppare nuove competenze e una maggiore sicurezza in noi stessi.

Come accorgersi quando l’aiuto blocca, invece di sviluppare la crescita personale?

Ogni volta che portiamo aiuto dobbiamo chiederci se ci stiamo sostituendo all’altro. Una domanda che dobbiamo sempre porci quando portiamo aiuto a una persona  è: stiamo insegnando all’altro come uscire dalle difficoltà oppure le stiamo affrontando noi, al suo posto?

Nella mia pratica psicoterapeutica ho visto genitori che si sostituivano ai figli in tutto per tutto. Ho sentito genitori che continuavano a tagliare le unghie al figlio trentenne motivandomi tale comportamento con la frase: lo faccio perché lui non sa farlo. Allo stesso modo ho incontrato coppie in cui i uno dei due si prendeva tutte le responsabilità e affrontava da solo tutte le difficoltà.

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Queste persone si sono dimenticate che la vita per tutti noi non è un momento facile e solo quando l’acqua arriva alla gola riusciamo a trovare quelle competenze che ci permettono d’imparare a nuotare.

Tutte queste persone dovrebbero chiedersi costantemente cosa vuol dire aiutare realmente una persona, forse aiutare vuol dire non permettergli di sbagliare? Se la risposta è sì! Allora la persona sta facendo il più grande sbaglio della propria vita.