Il silenzio meditativo: una pratica terapeutica

SILENZIO MEDITATIVO Nel nostro lavoro di psicologi, le parole sono molto importanti, sono il nostro strumento di lavoro principale, ma quanto importante è saper tacere?

Forse vi ricorderete il film del 2005,  “Il grande silenzio”.

Il film, un documentario di tre ore (sicuramente un film non adatto a tutti, perché rimanere tre ore ad ascoltare il silenzio è un’esperienza impegnativa) è stato girato dal regista Philip Gröning. Il regista ha soggiornato per quattro mesi nel monastero della Grande Chartreuse, sulle Alpi francesi, a circa trenta chilometri da Grenoble, riprendendo la vita dei monaci in grande silenzio, per l’appunto.

Essere capaci di rimanere per tre ore a sentire i rumori e non le parole, se non quelle con il nostro IO, non è facile. Oggi la parola ed il parlare sembrano essersi impadroniti di noi e della nostra società. Parlare equivale a socializzare, i talk show ed i reality show imperversano da molti anni, anche se quest’anno all’inizio della stagione autunnale, tutti i talk show hanno perso molti punti di share. Siamo quasi sempre connessi con la “communty” che in fin dei conti è la nostra cerchia d’amici. Sempre connessi  per comunicarci chissà cosa o per condividere quello che stiamo facendo.

Sono perchè faccio, ma la conferma, la ricerco negli altri.

Senza dimenticare il comunicare attraverso le immagini, il cosiddetto selfie. L’autoscatto autoreferenziale, il quale ha bisogno di un pubblico fedele per essere valorizzato. Tale comportamento può diventare una vera e propria patologia, se ripetuta in modo compulsivo.

L’assoluto silenzio dei monaci francesi o il stordirsi con le parole ed i post di facebook?

Anche in questo caso sarebbe bene fare delle distinzioni.

Parlare liberamente con il proprio psicoterapeuta, molto probabilmente è terapeutico e porta ad allentare delle tensioni.

Non è la stessa cosa raccontare in dettaglio al proprio partner le proprie esperienze erotiche del passato, magari anche qualche trasgressione o qualche tradimento, pensando che dirsi tutto sia fondamentale per la relazione. Potremmo pensare che la sincerità fortifichi la relazione perché abbiamo incontrato una persona veramente sincera. Invece s’innesca uno schema paranoico, mantenuto dal confronto e dal sospetto.

Il confronto con i precedenti partner dell’attuale fidanzato o fidanzata si materializzano come potenziali sfidanti, ma soprattutto il sospetto che l’attuale partner commetta ancora gli stessi “peccatucci”, destabilizza e porta ad un generale stato di tensione e di insicurezza.

In alcuni casi il parlare socializzando le proprie emozioni è addirittura patogeno, come nel caso delle paure e delle ossessioni. In questi casi parlare delle proprie fobie e trovare un uditore attento, può confermare e validare le proprie percezioni e convinzioni, autoalimentando il circolo vizioso ossessivo compulsivo.

Quando dico queste cose ai miei pazienti, alla fine gli pongo una semplice domanda:

Chi dice tutto, chi sente il bisogno di raccontare tutto?

Non c’è mai stato nessuno che non sia riuscito a rispondere a questa domanda. Per questo motivo non mi sento di dare la risposta. Sono quasi certo che ti sarai già risposto da solo.