Mindfulness: si può pensare bene?

Mindfulness. Posso decidere cosa pensare?

Come forse già saprai la Mindfulness è una pratica terapeutica che viene usata all’interno della terapia ACT, Terapia dell’Accettazione e della consapevolezza. La Mindfulness non è una terapia, bensì solo una prativa all’interno di una terapia molto più complessa.

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Ora, prima di descriverti il Retto Pensiero secondo il buddhismo, vorrei chiarire cosa si deve accettare se s’inizia una terapia ACT. Uno dei pilastri di questa terapia è l’accettazione, ma accettare che cosa? Accettare la realtà e nella realtà ci sono anche le cose che non ci fanno piacere.

Accettare: onora il tuo dolore nel modo in cui onoreresti un amico ascoltandolo, tenere il tuo dolore come terresti in mano un fiore delicato, abbraccia il tuo dolore come abbracceresti un bambino che piange…..

Accettare non è: resistere al tuo dolore, ignorare il tuo dolore, dimenticare i tuo dolore, credere al tuo dolore……

Immagina di fare un festa per il tuo compleanno e d’invitare tutti i tuoi amici. La festa inizia e ci sono tutti. Ti stai divertendo e noti con piacere che anche gli invitati si stanno divertendo chiacchierando e ballando allegramente. A un certo punto, vedi arrivare Gigi e i suoi amici. La combriccola di Gigi non è ben vista, perché può presentarsi come rissosa, petulante, arrogante, noiosa e ti mette a disagio o ti fa paura. Ora, poi anche decidere di tenerli fuori dalla tua festa. In questo caso ti metterai con tutte le tue forze a sbarrargli la strada perché non entrino. Tuttavia, la festa finisce male perché tutti gli ospiti si alterano, si agitano, alcuni vogliono lasciare la festa, altri iniziano a litigare. Puoi anche lasciare che Gigi e i suoi amici entrino alla tua festa, puoi renderti disponibile ad accettare Gigi e gli altri. Questo non vuol dire che li volevi, ma solo che ti rendi disponibile e li accetti.

Questo è quello che facciamo di solito con i nostri pensieri, stati d’animo o sensazioni fisiche, il punto è come ti poni di fronte alle tue esperienze.

Il Buddha invece aveva trovato nelle quattro contemplazioni un modo per affrontare i pensieri e gli stati d’animo negativi. Inoltre aveva spiegato che non bastava rielaborare il pensiero negativo e le emozioni negativi, bisognava anche favorire quello positivo.

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Il secondo sentiero da praticare è il Retto Pensiero.

Il retto pensiero secondo il Buddha è il pensiero senza sofferenza, quindi senza uno stato nevrotico nell’affrontare la realtà.

Secondo Buddha confusione, distrazione, ira, odio, desiderio e libidine creano sofferenza e sono dovute a un’ errata interpretazione della realtà e all’attaccamento a una realtà impermanente.  

Questi stati psicofisici si possono cambiare con le quattro contemplazioni.

Il Buddha (o almeno chi ha scritto i testi, dopo più di cento anni dalla sua morte) le descrive così:

Per superare la distrazione e la confusione, pratica la contemplazione del respiro: con essa la tua mente si schiarirà e la tua concentrazione diventerà potente. Per superare l’ira e l’odio, pratica la contemplazione della compassione: essa fa luce sulle cause dell’ira e dell’odio presenti nella tua mente e in quella di coloro che li hanno suscitati in te. Per superare il desiderio, pratica la contemplazione dell’impermanenza: essa fa luce sull’inizio e la fine di tutte le cose. Per superare la libidine, pratica la contemplazione della morte: essa fa luce sul disfacimento di tutte le cose. (Vinayapitaka, Vibhanga Sutta)

Il Retto Pensiero però non è solo eliminazione dei pensieri negati, ma anche creazione del pensiero positivo 

La gentilezza amorevole, la compassione, la gioia compartecipata e il non attaccamento sono meravigliosi e profondi stati mentali. Io li chiamo i quattro incommensurabili. Praticandoli, diventerai una sorgente di vitalità e di felicità per tutti gli esseri. (Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Cularahulovada Sutta)

Come hai potuto notare la terapia cognitivo comportamentale ACT e il buddhismo hanno un punto in comune su la causa della sofferenza, cioè il pensiero, anche se ci sono delle differenze su come lavorarci.