Come sono le persone che stanno attente al giudizio altrui

Come sono le persone che stanno attente al giudizio altrui

Quanto stai attento al giudizio altrui?

Chi risponde per nulla sta dicendo una bugia, principalmente a se stesso.

Tutti noi stiamo attenti al giudizio altri per semplice motivo che siamo degli essere sociali ed abbiamo bisogno degli altri. Stare attenti o “preoccuparsi” non è un problema basta non diventi l’unica cosa importante nella mia vita. Ci dimentichiamo sempre che le persone per loro natura sono geneticamente portate a giudicare nel bene e nel male. La nostra mente non può non farlo, perché non può lasciare dei buchi vuoti nel processo decisionale, quindi la nostra mente giudica costantemente tutto e tutti.

Quando ci dicono che non dobbiamo giudicare e come se ci dicessero non devi respirare. È possibile?

Il problema non è giudicare o non giudicare, ma non fermarsi ai nostri o altrui giudizi. La realtà è molto complessa. Un comportamento, una azione una relazione sono fenomeni molto complessi influenzati da decine di variabili, alcune controllabili altri assolutamente fuori controllo. Pensare di poter riassumere una azione o una relazione con un semplice giudizio è illogico e sbagliato, anche se lo facciamo costantemente.

Allora possiamo anche accettare il giudizio sia nostro sia quello altrui ma non dobbiamo accontentarci di questa semplice scorciatoia cerebrale

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Molte persone però stanno molto attente a tutto quello che li circonda, sono i cosiddetti “controller”. Queste persone stanno attenti sia all’ambiente e al contesto ma stanno anche attenti ai possibili o potenziali giudizi altri.

Si comportano o fanno determinate cose solo un base a quello che possono o potrebbero pensare gli altri. Le conseguenze di tale atteggiamento sono molteplici.

Principia caratteristiche delle persone attente al giudizio altrui

  • Non sono mai naturali. Sono sempre tese e rigide sia nei movimenti sia nell’eloquio, sia nello spirito.

  • Hanno difficoltà a dire “No”. Dire di no è un diritto di tutti, ma le persone che hanno paura del giudizio altrui hanno anche paura di non compiacere gli altri e dire non vorrebbe dire deludere.

  • Non prende mai posizione. A queste persone sembra piacere tutto o meglio sembra che non abbiano un proprio gusto. Ogni cosa che si propone va bene. Delegano agli altri i propri gusti. “Vuoi la pizza o la pasta”. “Fai tu, per me vanno bene entrambe”.

  • Si preoccupano di dire la cosa giusta al momento giusto alla persona giusta. Complicatissimo. In questo modo hanno un eloquio titubante a volte si bloccano perché hanno paura di offendere qualcuno dicendo quello che pensano.

  • Vogliono piacere a tutti. Devono andare bene a tutti in questo modo si annullano.  È normale essere simpatici a qualcuno e meno simpatici ad altri.  Andare a bene a tutti vuol dire “zerbinarsi” davanti al prossimo solo perché si ha paura di essere esclusi.

  • Sono sempre pronti a dire “mi dispiace” o “scusa”. Di per sé non è sbagliato chiedere scusa, anzi è segno di intelligenza e maturità psicologica. Il problema è quando lo facciamo senza avere alcuna colpa.

  • Possono arrivare a dire bugie o cambiano idea per compiacere gli altri. Anche questi comportamenti non sono costruttivi e salutari per l’autostima della persona, perché si trascinano dietro forti sensi di colpa

Come sempre gli adulti non sono altro che dei bambini cresciuti e quello che ripetiamo da grandi non sono altro che dei semplici schemi adattivi che abbiamo appreso nella nostra infanzia.

Se un bambino non è stato sufficientemente approvato o supportato, se non ha ricevuto abbastanza attenzione e non si è sentito amato e ben voluto inizierà a fare tutto quello che piace il genitore per ricevere attenzione ed approvazione.

Chiaramente se un genitore non sa amare il proprio figlio non lo amerà se il figlio fa la cosa giusta. Quindi il bambino continuerà all’infinito questa ricerca di approvazione e di amore incondizionato che lo fa stare bene. Quando crescerà e capirà d’avere avuto dei genitori anafettivi non riuscirà a smettere questa ricerca oramai diventato una costante nel proprio modo di relazionarsi.