L’attacco di panico (DAP)

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Molto spesso, nella mia pratica clinica, mi capita di ricevere delle richieste d’aiuto da delle persone che riferiscono d’avere vissuto un attacco di panico (DAP). Molte persone si rivolgono a me, raccontandomi o scrivendomi la loro esperienza definendola, attacco di panico.

Non sempre però si tratta di un vero attacco di panico, a volte sono stati acuti d’ansia che la persona riesce a gestire. D’altronde, la persona ne risente a livello fisico e psichico, e l’attività che stava facendo viene svolta male o evitata.

E’ normale provare ansia prima di un esame o prima di una gara sportiva. E’ normale sentirsi ansiosi al primo appuntamento con una persona che ci piace o prima di un colloquio di lavoro.

Molto diverso è trovarsi tranquillamente al solito Bar a fare colazione in un posto familiare, dove conosciamo il barista e l’ambiente, e veniamo colpiti da una serie di sintomi psico-fisici che potremmo definire, terrore puro. La mia esperienza mi ha portato a conoscere molti casi di attacco di panico mentre la persona era alla guida. Nulla di male se non si guida o se non si ha bisogno dell’auto quotidianamente, ma se di professione fai l’autista di T.I.R., allora diventa un grosso problema.

Una ricerca di qualche anno fa ha evidenziato che gli italiani passano circa un’ora e mezza al giorno in auto, per un totale di 22 giorni all’anno. E’ risaputo che la guida è anche un’attività che favorisce la stato ipnagogico.

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 Mentre guidiamo sovraccarichiamo la consapevolezza utilizzando tutti i nostri sensi, contemporaneamente mettiamo in atto una serie di movimenti volontari. Se ci pensate bene, guidare è molto impegnativo. Alzare un piede e premerne un altro, nel momento in cui la mano destra fa un movimento e la sinistra un altro. Senza parlare dei sensi, che sono tutti allertati. Principalmente la vista e l’udito, ma anche il tatto e in modo meno incisivo l’olfatto e il gusto. In questo modo l’inconscio si sente più libero di esprimersi.

Il manuale diagnostico di psichiatria il (DSM IV TR), categorizza 13 sintomi per definire il disturbo da attacco da panico (DAP):

  • Palpitazione, cardiopalmo, tachicardia;

  • sudorazione;

  • tremori fino a grandi scosse;

  • dispnea o sensazione di soffocamento;

  • sensazione di asfissia;

  • dolore o fastidio al petto;

  • nausea o disturbi addominali;

  • sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento;

  • derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere staccati da se stessi);

  • paura di perdere il controllo o di impazzire;

  • paura di morire;

  • parestesie (sensazione di torpore o di formicolio);

  • brividi o vampate di calore.

Chi ha vissuto un attacco da panico leggendo questi sintomi se li ricorda tutti e ha un grande terrore di rivivere la stessa esperienza.

Quando i sintomi sono inferiori a quattro, non si può parlare di attacco di panico, ma di attacchi paucisintomatici.

Gli attacchi paucisintomatici sono tutta quelle serie di paure e di sensazioni fisiche che la persona si vive anche dopo mesi dall’attacco di panico. I sintomi sono gli stessi, meno intensi e meno numerosi e il vero attacco di panico, non raggiunge la piena entità, soprattutto imparando ad evitare situazioni critiche.

Chi ha la sfortuna di viversi uno o più attacchi di panico racconta d’aver vissuto in due mondi paralleli, ma completamente diversi. Prima la tranquillità e la calma mentre si stava facendo una mansione routinaria (guidare, guardare il televisore o camminare lungo una strada) poi, il panico completo. La persona si vive delle sensazioni fisiche, emotive e cognitive che portano la persona a realizzare d’avere incontrato la Signora con il saio e la falce e dirsi

« Oddio! Sto per morire

La diagnosi di attacco di panico viene fatta se:

  • se gli attacchi di panico sono improvvisi e ricorrenti, almeno due al mese;

  • uno degli attacchi è stato seguito da un periodo di almeno un mese caratterizzato da uno o più dei seguenti sintomi: a) preoccupazione persistente di avere un altro attacco di panico; b) preoccupazione per le possibili implicazioni o conseguenze sulla propria salute; c) significativi cambiamenti nello stile di vita.

  • la crisi di panico non deve essere causata dall’abuso di sostanze eccitanti quali: la caffeina, l’alcool, stupefacenti psicofarmaci o sostanze psicotrope.

  • Si deve anche escludere fattori bio-fisiologici quali: ipoglicemia, ipertiroidismo, sindrome di Cushing, feocromocitoma, disturbi vestibolari, sindrome del prolasso della valvola mitralica, disturbo ossessivo compulsivo.

Molto importanti sono gli ultimi due punti. Viviamo in una società che abusa di tutto, dallo zucchero alla caffeina, per non parlare delle altre sostanze psicotrope illegali.

Recentemente una persona mi ha consultato per un ipotetico attacco di panico, che aveva vissuto mentre stava guidando. I sintomi c’erano quasi tutti, con tanto di ricovero al pronto soccorso e tutte le visite di controllo del caso. La diagnosi: «Sei sano come un pesce! E’ stato solo un attacco d’ansia». Ho chiesto al paziente se ha ringraziato il dottore per la bella notizia.

Durante l’anamnesi è emerso che il paziente beveva più di dieci caffè al giorno, conditi con due pacchetti di sigarette, il tutto in un arco di tempo molto lungo della giornata, visto che le ore di sonno si riducevano a non più di quattro o cinque a notte. Solo allora l’ho rassicurato per quanto riguardava la sua integrità mentale, consigliandogli gli esami del sangue e della tiroide, e gli ho spiegato come funziona il nostro corpo se lo trattiamo come una discarica.