Il cervello illusionista

cervello illusionista

Oggi vi parlerò come il nostro cervello c’illude. Per spiegarvi come il cervello usi le illusioni per farci vivere meglio, partirò dalla definizione di delirio.

Delirio: erronea convinzione che il soggetto mantiene nonostante prove ovvie e incontrovertibili che dimostrano il contrario.

Vi piace come definizione?

Allora chi va a dirlo a 25 milioni di britannici che credono si possa comunicare con i defunti?

Sono tutti potenziali psicotici?

Potremo dire di sì!

Ora state attenti a queste due domande e prima di rispondere prendetevi il vostro tempo.

  • Sei soddisfatto/a della tua vita sociale?

  • Sei insoddisfatto/a della tua vita sociale?

Da una ricerca è emerso che le persone rispondono affermativamente alla prima domanda e si sentono più appagate della propria vita sociale se la domanda è posta in modo affermativo. Perché?

La risposta si deve attribuire alla cosiddetta tendenza alla conferma. Se la domanda è affermativa la nostra mente andrà a rovistare nel magazzino della conoscenza di sé, alla ricerca di prove per confermare l’ipotesi iniziale, cioè il messaggio implicito della domanda. Tuttavia se la domanda è posta in modo negativo la mente farà lo stesso lavoro ricercando sempre di confermare l’ipotesi contenuta nella domanda.

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La tendenza alla conferma,  non è l’unico metodo che ha la nostra mente per darci delle false illusioni.

Il cervello ha anche la spiacevole ed errata tendenza di vedere correlazioni che si aspetta di vedere, ma che in realtà non ci sono. Questo procedimento cerebrale prende il nome di correlazione illusoria.

La dimostrazione di come il cervello si inventi le statistiche venne fornita già nel 1969, quando il test di Rorschach era molto in voga tra gli psicoanalisti. Il test proiettivo di Rorschach, o test delle macchie di inchiostro si basa sull’assunto che l’immagine che il soggetto individua in una serie di cartoncini con delle macchie di inchiostro, abilmente disegnate, dia delle informazioni fondamentali per diagnosticare la malattia del paziente.

Un gruppo di psicologi sociali decise di fare un esperimento prendendo come cavie un gruppo di studenti di Psicologia e trentadue medici psicoanalisti di comprovata esperienza.

Negli anni 60’, quando venne fatto l’esperimento l’omosessualità era ancora considerata una malattia mentale, tanto che nel DSM c’erano tutti i sintomi per la diagnosi.

Venne chiesto agli psicoanalisti che cosa avevano notato nei loro pazienti omosessuali usando il test proiettivo di Rorschach. Più della metà dei medici riferì che i pazienti tendevano a vedere delle immagini a sfondo sessuale e più precisamente immagini con contenuti di tipo anale.

I ricercatori prepararono delle cartelle fasulle create ad arte e le diedero al gruppo di studenti del primo anno di Psicologia. Le cartelle fasulle contenevano una macchia di inchiostro seguita dalla descrizione di un ipotetico analista.

La dicitura era:

  • Il soggetto ha uno spiccato senso di inferiorità

  • Prova pulsioni di natura sessuale verso gli uomini/donne

Quando gli sperimentatori chiesero agli studenti se avevano notato qualche tipo di corrispondenza tra le tendenze sessuali omosessuali del paziente e la macchia di inchiostro, più della metà affermò di aver osservato una correlazione con dei deretani.

Come accadeva ai medici esperti anche gli studenti vedevano la medesima correlazione illusoria , in breve, vedevano ciò che non c’era.

Praticamente quando ci ficchiamo in testa un’ipotesi plausibile, non ci vuole davvero molto perché il nostro cervello inizi a vedere le prove e confermare quell’ipotesi.

Ora dovresti diventare molto più scettico sulle correlazioni che fai e sul calcolo statistico che quotidianamente il tuo cervello si impegna a farti credere.

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E dei tuoi ricordi ti puoi fidare?

Anche i ricordi di noi stessi non sono sempre così veritieri,  il nostro cervello illusionista si diverte a fare le proprie magie, sempre per il nostro bene.

Gli psicologi si sono divertiti a prendere due gruppi di studenti. Al primo gruppo che chiameremo A venne fatto fare un corso di tre settimane per apprendere delle tecniche di lettura veloce e di memorizzazione veloce.

Al secondo gruppo di studenti che chiameremo B, gli venne promesso di partecipare a questo favoloso corso in un secondo tempo, ma per il momento venne tenuto in attesa. Prima che iniziasse il corso venne chiesto a entrambi i gruppi di dare un giudizio sulle proprie capacità di studio, di lettura e di memoria.

Alla fine del corso venne chiesto agli studenti del gruppo A se avessero percepito un miglioramento delle proprie capacità e di ricordarsi fedelmente cosa avevano riferito tre settimane prima sulle proprie capacità di studio. L’esperimento dimostrò che gli studenti del gruppo A si percepivano come dei piccoli Einstein anche se i voti delle verifiche periodiche e degli esami finali non erano per nulla migliorati. Gli studenti del gruppo B invece riportarono che non erano migliorati, chiaramente avevano migliorato solo la capacità d’aspettare.

Ma allora come avevano fatto i partecipanti del gruppo A a convincersi d’essere diventati dei piccoli geni?

Semplicemente il cervello illusorio aveva fatto abbassare la valutazione iniziale tanto che quasi tutti gli studenti del gruppo A si ricordavano d’essersi dati una valutazione ben al di sotto di quella che si erano dati prima del corso. In altre parole, grazie a un gioco di prestigio della loro memoria si erano concessi un certo margine di miglioramento.

Dopo sei mesi i ricercatori intervistarono nuovamente gli studenti del gruppo A e chiesero di riferire i voti che avevano preso in questo arco di tempo. Non vi sorprenderete se gli studenti del gruppo A riferirono risultati migliori di quanto era effettivamente accaduto a differenza degli studenti del gruppo B che avevano ricordi più attendibili.