La “confort zone” ci rende più stupidi dei ratti.

“Comfot zone” Ceschi Psicologo Padova

Una famosa psicoterapeuta Virginia Satir amava dire “la maggior parte delle persone crede che l’istinto più forte sia quello di sopravvivenza, ma non è così. L’istinto più forte è quello di aggrapparsi a ciò che è familiare”.

Spesso ci adagiamo e di conseguenza ci incateniamo a un modello di comportamento sicuro perché familiare e ci sembra di non averne altri. Ci abituiamo e proseguiamo un’unica strada anche se è piena di buche o di code lunghissime che ci rallentano.

Una mia amica una volta mi disse che preferiva fare sempre la stessa strada, per il centro della città, per andare al lavoro anche se ci impiegava 45 minuti, invece di fare la tangenziale e risparmiare la metà del tempo e di stress.

Perché

La psicologia ha creato il concetto di “comfort zone” o come preferisco chiamarla “zona di ciò che è familiare”.

L’uomo a differenza di altri mammiferi si muove in ambiti o meglio in labirinti che conosce, a cui si è abituato, anche se non necessariamente il risultato è il migliore, ma in certi casi è il peggiore.

Gli scienziati che studiano il comportamento umano è da anni che sanno che se si mette un topolino all’interno di un labirinto per cercare un pezzo di formaggio posizionato in un determinato punto, una volta trovato, memorizza il percorso. Ma una volta eliminata la ricompensa, quindi il formaggio, il ratto tornerà per un massimo di quattro volte nello stesso punto, poi cercherà altre strade e altri percorsi. Lo stesso esperimento è stato fatto con delle persone adulte. La ricompensa erano dei soldi.

Sapete come sono andate le cose?

Sembra uno scherzo, ma la maggioranza delle persone hanno continuato a ritornare sempre sullo stesso punto dove avevano trovato i soldi la prima volta.

I ratti sono più intelligenti dell’uomo?      

Potremmo pensarlo ma è questo che ci imbroglia, diamo troppa fiducia ai nostri pensieri. I ratti ci fregano perché pensano meno di noi e si affidano di più all’istinto.

Virginia Satir diceva “se una persona può scegliere, essa farà sempre la scelta migliore. Il problema è che, il più delle volte, sentono di non aver scelta”.

Virginia nella sua pratica terapeutica usava a suo modo i diversi stati di coscienza facendo uso del role playing e di tecniche gestaltiche che aveva elaborato adattandole alla sua personalità.

Vedersi diversi e uscire dal copione che ci siamo dati e cuciti addosso, come una seconda pelle, il più delle volte ci fa crescere o almeno metterci al pari dei simpatici topolini da laboratorio.

Per chi ne avesse voglia, di seguito troverà un esercizio tratto dal libro di Richard Bandler, il Potere dell’inconscio e della PNL.

Esercizio:

1)   Trovati un posto comodo e tranquillo e del tempo per te stesso prima di iniziare l’esercizio.

2)   Bene…ora ripensa a una esperienza che ti ha causato sensazioni tristi, spiacevoli o di disagio. Pensa a questa situazione e, se ti viene spontaneo, riguardati o riascoltati mentre vivevi quella situazione. Inizia a notare tutte le sensazioni del tuo corpo e porta l’attenzione ai tuoi sensi e prendine nota mentalmente.

3)   Ora immagina di fare un passo indietro, ed esci dalla scena, in modo tale da poterti vedere, sentire ed ascoltare come se stessi guardando un film al cinema, su un maxi schermo. Guardare un film ci può emozionare e coinvolgere ma non è come vivere quella scena. Ora allontana l’immagine e le sensazioni che provavi quanto basta per sentirti sicuro, iniziando a provare delle sensazioni sempre più piacevoli man mano che l’immagine si allontana e diventa più piccola. Ora decidi cosa farne di tutta quella scena. Poi mandarla nello spazio infinito, cestinarla nella pattumiera di casa, bruciarla o disintegrala come meglio credi.

Bene, prova a farlo più volte e con più situazioni e non ti arrendere se alla prima volta non ti riesce, ricordati che usare l’inconscio è una abilità che va appresa con la pratica.