
Il senso della vita
Se un ragazzo di quattordici anni ti chiede qual è il senso della vita, potresti sentire un brivido lungo la schiena e chiederti: “mò che gli dico?”
Dopo un primo momento di disorientamento, si dovrebbe mantenere un’espressione apparentemente serena che esprima un minimo di intelligenza e ci si dovrebbe affidare all’esperienza più che agli studi fatti.
Parto dall’inizio, ma prima voglio precisare che in questo articolo non ho la pretesa di dipanare dubbi e far luce su questo argomento. Non ho né la cultura classica né l’esperienza per poter rispondere a questa domanda.
Ecco quello che mi è successo qualche settimana fa.
Un giorno mi chiama una mamma e mi chiede se seguo anche i minori, perché suo figlio di quattordici anni le chiede spesso che senso ha la vita e lo vede molto preoccupato. Le dico che occasionalmente seguo i minori, visto che sono più di vent’anni che lavoro con la scuola primaria e secondaria, ma in studio principalmente vedo e seguo gli adulti.
Arriva il giorno dell’appuntamento e quando il ragazzo si siede sulla poltrona dopo qualche minuto mi fa la domanda fatidica: “che senso ha la vita?”
Premetto che non mi preparo mai le sedute e non ho fatto eccezione nemmeno questa volta.
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La prima cosa che ho fatto è stata giragli la domanda. Gli ho detto che non serve chiedersi che senso ha la vita, ma potrebbe chiedersi cosa sta facendo in questa vita. Gli ho spiegato che non sempre le domande hanno delle risposte, bensì alcune domande hanno tante risposte. Quindi non serve cercare una sola risposta ad una sola domanda.
Gli ho spiegato che da settembre, quando andrà al liceo potrà studiare gli antichi pensatori che si sono chiesti come lui: il senso del nostro vivere. Potrà studiare che ci sono state diverse visioni e che ognuno ha cercato di dare una spiegazione al vivere.
Allora sarebbe meglio spostare l’attenzione non sulla vita, ma sul vivere.
Cosa vuol dire vivere?
Vivere vuol dire nascere e nascere vuol dire realizzarsi.
Ma come facciamo a realizzarci?
Per realizzarci dobbiamo apprendere e per apprendere dobbiamo fare i conti con la fatica che è implicita all’apprendimento.
Gli ho spiegato che lui sa fare tante cose perché le ha apprese. Ha appreso a portare un cucchiaio alla bocca, ma prima ancora ha appreso a camminare e prima ancora ha appreso a succhiare.
Allora, la vita è fatta del suo vivere e vivere vuol dire fare delle cose, ma per poterle fare bisogna averle imparate.
Ora, l’attenzione dovrebbe essere rivolta non al contenitore “vita”, bensì al contenuto “vivere”.
Perché è difficile vivere? Perché se vivere vuol dire apprendere, quando apprendiamo facciamo fatica. Purtroppo associamo alla parola fatica i sinonimi: brutto, da evitare, affaticamento, dolore.
Questo è il primo errore da evitare.
Tutti noi dovremmo ricercare le cose faticose, perché in quel momento stiamo imparando qualcosa. Allo stesso tempo dovremmo accorgerci quando non facciamo fatica e dovremmo smettere di fare quello che stiamo facendo perché non stiamo imparando nulla.
Alla fine dell’incontro gli ho chiesto. E tu in cosa vuoi realizzarti?
Ecco la domanda che ti devi fare e non prendere paura se non hai una risposta.
Anche questa non è una domanda che ha solo una risposta, bensì tante.
Alla fine dell’incontro, in cui ho parlato più io che lui, l’ho visto sereno e durante il colloquio l’ho visto molto attento a tutto quello che gli dicevo. Quando la madre è tornata a prenderlo, il figlio le ha detto che aveva del materiale su cui ragionare e che era contento. In questi casi non prendo mai il secondo appuntamento perché lascio che sia il paziente a scegliere se ritornare per un successivo colloquio.
Questo è stato il WhatsApp che mi è arrivato dopo qualche giorno dalla madre.
“Scrivo solo ora perché in ansia per una terapia che ho iniziato oggi. Volevo aggiornarla su mio figlio: appena usciti dal suo studio gli ho chiesto con che frequenza voleva venire da lei. Mi ha detto fra alcuni mesi, perché aveva risposto a tutte le sue domande. Gli ho chiesto se si sentiva più rilassato. Mi ha detto che era proprio contento! In effetti poi la sera l’ho visto per la prima volta sereno…Caspita…..grazie infinite.”
A volte le cose che ci sembrano più difficili si dimostrano le più semplici.